In Italia, 1 persona su 10 è affetta da obesità e attualmente si registrano casi in forte aumento, anche in seguito al lockdown. È una malattia ed è ormai considerata una vera e propria pandemia a livello globale e rappresenta un fattore di rischio importante per molte patologie: malattie cardiovascolari, metaboliche, insufficienza respiratoria, malattie delle ossa, articolazioni e malattie tumorali. Il cammino verso le complicanze è subdolo perché silenzioso e spesso non percepito. L’approccio terapeutico è complesso e spesso non risolvente, soprattutto a lungo termine. Il problema spesso inizia dall’infanzia: ormai 1 bambino italiano su 3 è sovrappeso e 1 su 4 è obeso.
Cos’è l’obesità e come si affronta
L’obesità è una condizione clinica caratterizzata da un accumulo eccessivo di grasso corporeo ed è determinata da una complessa interazione di numerosi fattori tra i quali la genetica, il comportamento, l’ambiente, fattori medici, le vie del sistema nervoso centrale (SNC) e i segnali periferici. Tali fattori sono stati indicati come elementi che contribuiscono all’epidemia di obesità.
Data la patogenesi multifattoriale dell’obesità, ne deriva che il suo trattamento prevede un approccio integrato fra varie modalità d’intervento.
Il primo e fondamentale criterio per risolvere il problema deve essere il cambiamento nello stile di vita, che poggia le sue fondamenta sulle modificazioni permanenti delle abitudini alimentari. Il secondo, imprescindibile tassello, è rappresentato dalla terapia comportamentale, che offre strumenti per vincere le resistenze nei confronti di programmi di perdita di peso e dell’attività fisica. Le tecniche comportamentali specifiche portano ad una corretta ristrutturazione cognitiva nonché ad una corretta gestione di situazioni stressanti, delle contingenze e degli stimoli. Il supporto psicologico e sociale deve essere effettuato sempre e soprattutto in caso di storia di ripetuti fallimenti, bulimia nervosa o binge eating disorder, pregressi disturbi psichiatrici e sintomi di depressione. L’obesità, quindi, se non trattata adeguatamente con un approccio multidisciplinare rischia di ripresentarsi e di assumere tutte le caratteristiche di una patologia cronica.
Farmaci contro l’obesità (?)
Purtroppo, la mancanza di volontà, la fretta del risultato e la paura di non farcela creano delle ansie che la maggioranza delle persone vuole superare con l’ausilio della “pillolamagica”. Del resto, viviamo nella società del rimedio farmacologico a tutto, dall’impotenza alla timidezza. Eppure, per il dimagrimento non esistono facili scorciatoie. Praticamente tutti i farmaci usati per il dimagrimento hanno un rischio di rebound (ricaduta) dell’85-90%, quindi, una volta sospesa la terapia farmacologica, solo un 10-15% delle persone riesce a mantenere tutti o perlomeno una parte dei risultati ottenuti; la maggioranza ha invece un rimbalzo ponderale che in tempi più o meno lunghi riporta non solo al peso di partenza, ma addirittura ad accumuli maggiori.
È facile capire che se i farmaci usati tendono a inibire la fame, alla sospensione del prodotto la fame torna preponderante, anzi amplificata.
Anche i prodotti che tendono a compensare carenze individuali a livello del sistema simpatico sono funzionali solo durante l’assunzione. Poi, se non si è riusciti a individuare le cause dello squilibrio, tutto torna come prima.
Analogamente, i prodotti ormonali hanno un effetto inibitorio nei confronti della ghiandola endocrina che fisiologicamente è deputata alla loro produzione (ad esempio la tiroide); il risultato è che alla sospensione la secrezione risulterà ancor più ridotta.
In un contesto di questo genere rientrano anche tutti gli stimolatori metabolici (termogenici) di origine farmacologica, praticamente tutti soggetti ad assuefazione; inoltre, una volta terminato l’uso, il metabolismo tende a ritornare alle origini.
Tutti i prodotti fino a questo punto usati, dai tiroidei agli androgeni, dalle anfetamine alle dextrofenfluoramine e derivati vari, dall’efedrina al clenbuterolo e ai composti serotoninergici nel medio e lungo periodo hanno presentato più di un problema. Certamente l’uso corretto di farmaci sotto attento controllo medico può essere utile, ma in nessun caso devono venire meno i concetti legati all’igiene e al comportamento alimentare, all’attività fisica e alla predisposizione mentale.
Discorso diverso, anche se non indipendente dall’alimentazione e l’attività, è l’uso di integratori naturali tendenti a riequilibrare e ottimizzare il funzionamento organico.

Dott. Pietro Mignano
Biologo Nutrizionista e Farmacista