Impedenziometria, tutto quello che serve sapere in 4 domande

La bio-impedenziometria è un’analisi fondamentale per la misurazione della composizione corporea. Grazie all’impedenziometria, il professionista in nutrizione riesce ad avere una stima attendibile di massa grassa, massa magra e livello di acqua, per poi costruire il piano alimentare e monitorare i risultati nel tempo.

La prima visita con il nutrizionista è un passaggio fondamentale, perché serve ad acquisire tutti i dati utili ad impostare la dieta e a valutare i risultati nel tempo del nuovo regime alimentare. Per questo motivo, durante questo appuntamento, si procede ad una serie di esami utili a fotografare la situazione. Tra questi, uno dei più importanti è senza dubbio l’analisi bio-impedenziometrica. Si tratta di un test diventato anche piuttosto popolare negli ultimi anni, parallelamente alla crescita dell’interesse per i temi connessi al fitness. Come spesso accade, però, alla notorietà non si accompagna necessariamente una vera conoscenza dell’argomento. Ecco perché vale la pena dedicare all’impedenziometria un approfondimento che permetta di chiarire i quattro aspetti fondamentali: cos’è, a cosa serve, come si effettua e quanto è preciso. Cominciamo!

Cos’è la impedenziometria e come funziona?

La definizione dell’esame è piuttosto semplice: l’impedenziometria è un’analisi che permette di determinare la composizione corporea e il livello di idratazione. A tale risultato, il macchinario che realizza il test impedenziometrico arriva in modo indiretto, cioè registrando la cosiddetta impedenza e applicando poi degli algoritmi di calcolo. L’impedenza, è utile specificarlo, è l’opposizione che il corpo umano fa al passaggio di un debolissimo flusso di corrente elettrica (generato dall’impedenziometro e non avvertito dal paziente). In linea di massima, ad una più bassa impedenza corrisponde una più elevata presenza di acqua nel corpo e, di conseguenza, una maggiore massa muscolare.

A cosa serve l’analisi bio-impedenziometrica in nutrizione?

Come già anticipato, l’analisi bio-impedenziometrica è uno dei tasselli chiave che consento:

  • di impostare un corretto piano alimentare;
  • di monitorare l’andamento dei risultati nel tempo.

In particolare, la bio-impedenziometria fornisce tre informazioni cruciali:

  • percentuale di massa grassa;
  • percentuale di massa magra;
  • livello di idratazione.

È la cosiddetta composizione corporea, il cui miglioramento è il vero obiettivo di ogni dieta. Perdere peso, infatti, non è sempre un buon motivo per ritenersi soddisfatti. E se alla perdita di peso corrispondesse una diminuzione dei muscoli? Il peso, da solo dice poco. Due uomini o due donne possono pesare esattamente uguale ma avere due fisici completamente diversi: uno tonico, l’altro in sovrappeso. Perché è tutta una questione di composizione corporea. Ecco perché misurarla attraverso l’impedenziometria è importantissimo.

Leggi di più su come ottenere la ricomposizione corporea nell’uomo e nella donna

Come si svolge l’analisi impedenziometrica?

Attualemnte sul mercato esistono diverse tipologie di macchinari che effettuano l’analisi impedenziometrica. In molti negozi di elettrodomestici o di strumenti per il fitness, ad esempio, vengono vendute le cosiddette bilance impedenziomentriche, che sono una versione commerciale e casalinga degli strumenti molto più sofisticati a disposizione dei professionisti. La loro attendibilità, però, è molto scarsa. Per questo motivo, i nutrizionisti solitamente scelgono (o almeno dovrebbero farlo!) macchinari con elettrodi, che permettono rilevazioni molto più precise. In queto caso, al paziente vengono applicati i suddetti elettrodi in punti strategici del corpo e nel giro di pochi secondi la macchina è in grado di acquisire i parametri richiesti ed elaborare i dati finali relativi a massa grassa, massa magra e presenza di acqua.

Quanto è precisa l’impedenziometria?

Quella sulla precisione è senza dubbio una delle domande più ricorrenti sull’esame bio-impedenziometrico. Sicuramente, trattandosi di un’analisi indiretta, è sempre soggetta ad un margine di errore. Negli ultimi anni, però, la tecnologia in merito ha fatto passi da gigante e i macchinari professionali di ultima generazione sono veramente molto affidabili. Bisogna però anche sottolineare l’importanza dell’elemento umano. L’abilità del professionista che esegue la misurazione, infatti, può influenzare molto il risultato finale. Per questo motivo, strumenti come l’analizzatore BIA 101 BIVA PRO di Akern offre la possibilità a chi la utilizza di valutare la qualità del segnale elettrico (sulla base di 5 parametri) ed eventualmente di decidere di ripeterlo.

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Prima visita con il nutrizionista: come funziona?

La prima visita con il nutrizionista serve a far conoscere professionista e paziente e ad acquisire alcune informazioni fondamentali per l’impostazione della dieta. Ecco perché è importante affrontarla al meglio, magari sapendo come funziona e cosa succede durante l’appuntamento.

Se è vero, come sostiene un detto popolare, che la prima volta non si scorda mai, è altrettanto corretto sottolineare come certe prime volte siano in grado di mettere un po’ di ansia a chi le sta per vivere. La prima visita con un nutrizionista rientra in questa categoria, perché spesso la si concepisce come un esame. Non è affatto così. Piuttosto, la visita con cui si decide di iniziare un nuovo percorso alimentare va considerata come un momento di reciproca conoscenza. Il nutrizionista conosce il paziente a trecentosessanta gradi. Il paziente conosce il nutrizionista e ne ricava una prima impressione, che magari lo aiuta a cominciare a fidarsi di lui. Quindi, è importante arrivare alla prima visita tranquilli, pronti a fare domande per chiarire tutti i dubbi e a farsi guidare. Per riuscirsi, può essere utile sapere per sommi casi cosa avviene durante la visita, tenendo bene a mente, però, che alcune attività cambiano da professionista a professionista, perché ognuno ha il proprio metodo.

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L’importanza della prima visita nutrizionale

Prima di vedere ne dettaglio cosa succede durante una prima visita nutrizionale è però bene soffermarsi ancora un attimo sull’importanza che questo “primo appuntamento” riveste. La reciproca conoscenza, come già detto, è un punto cardine. Ma la cosa più importante è che la prima visita serve al nutrizionista per fissare il punto di partenza, le condizioni di inizio del percorso alimentare. È in questo momento che si acquisiscono informazioni chiave, sia per calibrare al meglio la dieta, scegliendo il regime che meglio si addice alle condizioni e allo stile di vita della persona chiamato a seguirlo, sia per avere dei parametri di riferimento da utilizzare nei successi controlli al fine di monitorare i progressi. Ecco perché è cruciale che il paziente sia sincero e chiaro nel raccontare le proprie abitudini alimentari e il proprio rapporto con il cibo. Allo stesso tempo, un nutrizionista che utilizza strumentazione tecnologicamente avanzata sarà in grado di acquisire dati molto dettagliati, migliori per impostare il lavoro.

Hai mai sentito parlare di dietoterapia?

Come si svolge la prima visita dal nutrizionista

Per quanto riguarda la concreta operatività, cioè cosa accade ne dettaglio durante la visita con il nutrizionista, è possibile indentificare due attività imprescindibili: anamnesi e analisi bioimpedenziometrica.

L’anamnesi serve per raccogliere tutte le informazioni sullo stato di salute del paziente e sul suo modo di mangiare. A tal fine, è molto utile portare con sé analisi del sangue e delle urine, elenco degli eventuali farmaci assunti e documentazione medica specialistica se presente. Non si deve tralasciare nulla: meglio fornire un’informazione in più al nutrizionista che una in meno.

La dipendenza dagli zuccheri esiste davvero

L’analisi bioimpedenziometrica, invece, serve a valutare la composizione corporea, cioè la percentuale di massa grassa e massa ossea da cui è costituito il corpo del paziente. Inoltre, con questa operazione si riesce a rilevare anche il livello di idratazione. Questo tipo di analisi può essere realizzata con body scanner e/o bioimpedenziometro.

A seconda dei casi, poi, a questi due esami possono aggiungersene altri. Ad esempio, nel caso degli sportivi, può essere opportuno affidarsi a un’analisi stratigrafica, per misurare accuratamente lo spessore dei muscoli. In altri casi, invece, soprattutto con pazienti donne, può essere utile il ricorso alle lastre termografiche per rilevare e studiare la cellulite eventualmente presente.

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ricomposizione corporea maschile

Ricomposizione corporea nell’uomo, ecco come ottenerla

La ricomposizione corporea, cioè l’aumento della massa muscolare contestualmente alla perdita di grasso, è un obiettivo comune a molti uomini, che desiderano vedersi più in forma. Ma come si ottiene questo ambito risultato? Quale dieta è opportuno seguire? E per quanto tempo?

Più muscoli e meno grasso: è l’ambizione di molti uomini. In termini tecnici si chiama ricomposizione corporea e non è una chimera ma un traguardo realistico, se si è disposti ad accettare un cambio delle proprie abitudini alimentari. Uno sforzo giustificato non solo da positive ricadute estetiche ma anche da un notevole guadagno in termini di salute. Seguire un percorso di ricomposizione corporea significa puntare a un fisico più sano e funzionale, con benefici per molte parti dell’organismo, a partire dal cuore. Perché la sfida funzioni, però, bisogna capire bene di cosa si sta parlando. La ricomposizione corporea, infatti, è un argomento “alla moda” ma proprio per questo facile preda di informazioni sbagliate o fuorvianti. Meglio, quindi, capirne di più procedendo con ordine seguendo i tre quesiti principali: cos’è la ricomposizione corporea, come si ottiene, in quanto tempo.

Anche sulla dieta chetogenica girano molti falsi miti

Cos'è la Ricomposizione Corporea?

Per dare una definizione un po’ più approfondita di ricomposizione corporea, rispetto a quella già accennata, è bene fare una semplice e breve premessa che riguarda la struttura del corpo umano. In ogni organismo, è possibile rintracciare quattro elementi fondamentali che lo compongono: ossa, muscoli, grasso e organi. Sulle ossa e sugli organi, in termini di volume, non è possibil agire un granché. Quindi, quando si parla di ricomporre il proprio fisico, cioè di modificarne la composizione, si fa riferimento a un lavoro che interessa massa magra (o meglio anche massa muscolare, che ne è una componente) e massa grassa. Ancora più precisamente, operare una ricomposizione corporea significa aumentare i muscoli e diminuire il grasso, in modo che i primi rappresentino una percentuale maggiore del peso complessivo e il secondo una percentuale via via minore. È bene sottolineare come parlare di composizione corporea rappresenta un passo in avanti rispetto al soffermarsi sul solo peso. Prendiamo un esempio eclatante: due uomini che pesano 100 kg. il primo è un body builder, il secondo un sedentario che non fa sport. Per la bilancia sono identici ma è ovvio che non è così. Il culturista, infatti, ha verosimilmente una massa grassa molto bassa e non ha bisogno di alcuna ricomposizione. Il sedentario, invece, è probabilmente in sovrappeso perché ha una quota di grasso eccessivo. Ma cosa significa eccessivo? Diciamo che, per un uomo, la percentuale ideale di massa grassa dovrebbe attestarsi tra il 15% e il 20%.

Come si valuta la composizione corporea

Come si ottiene la ricomposizione corporea?

Se la definizione di ricomposizione corporea è semplice, meno agevole può rivelarsi la sua pratica. Non bisogna però pensare che si tratti di qualcosa di impossibile da realizzare. L’obiettivo di avere più muscoli e meno grasso è alla portata di ogni uomo, basta affidarsi agli strumenti giusti e non a promesse miracolose. E gli strumenti giusti sono essenzialmente due: dieta e attività fisica. Per quanto riguarda nello specifico l’alimentazione, ovviamente ci si può affidare a soluzioni diverse, ma senza dubbio la dieta chetogenica può rivelarsi una valida alleata. Infatti, la chetosi, cioè il meccanismo su cui si fonda questa strategia alimentare, induce il corpo umano ad utilizzare le riserve di grasso come fonte di energia, in assenza di zuccheri. In questo modo, si accelera il processo di diminuzione della massa grassa. Non basta, però, perché una keto diet adeguatamente calibrata (quindi con la supervisione di un professionista e non in modalità fai da te) è in grado di favorire la costruzione di nuovi muscoli e quindi l’aumento della massa magra (ovviamente se abbinata ad allenamento preferibilmente anaerobico).

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Quanto tempo ci vuole per vedere i risultati della ricomposizione corporea?

In conclusione, merita di essere affrontata la domanda che preme in tutti coloro che decidono di affrontare un percorso di ricomposizione corporea: quanto ci metterò a vedere i risultati? L’onesta intellettuale professionale impone di dare a questo quesito una risposta apparentemente evasiva (ma in realtà corretta): dipende. I tempi della ricomposizione corporea non possono essere determinati a priori, perché dipendono da una pluralità di fattori, a cominciare dalle condizioni fisiche di partenza, dallo stile di vita che si riesce a seguire, dalla presenza o meno di patologie specifiche, eccetera. Ecco perché affidarsi a un professionista è fondamentale. Sarà lui a prendere in considerazione tutte le variabili e a impostare una dieta personalizzata, magari potendo a quel punto sbilanciarsi un po’ di più sulle tempistiche.

Breve guida alla dieta low carb


ricomposizione corporea femminile

Ricomposizione corporea nelle donne, ecco come ottenerla

La ricomposizione dovrebbe essere il vero obiettivo di ogni donna che sceglie di seguire una dieta, a qualsiasi età. Avere più massa magra e meno massa grassa, infatti, è un toccasana che garantisce salute e benessere. Ma come si ottiene la ricomposizione corporea femminile? La dieta chetogenica può essere di aiuto?

Solitamente, chi si rivolge a un nutrizionista lo fa con un obiettivo ben chiaro in testa: perdere peso. Che si tratti di pochi chili, necessari per tornare in forma, oppure di alcune decine, tanto da mettere a repentaglio la salute, il concetto di dieta è comunque sempre associato a una diminuzione del proprio peso corporeo. Di per sé, però, perdere peso non è un valore assoluto. Ci si dovrebbe sempre chiedere qual è il modo più corretto di dimagrire, cosa va eliminato del proprio corpo e cosa mantenuto. E in questo percorso di consapevolezza la bilancia può rivelarsi una nemica insidiosa invece che un’alleata, perché valuta il lavoro compiuto cambiando alimentazione solo in base ai kg, mentre ci sono molti altri fattori da tenere in considerazione. Ecco è più corretto ambire alla ricomposizione corporea al posto di una generica perdita di peso. È quello il vero dimagrimento, sia negli uomini che nelle donne (a cui è dedicato questo approfondimento).

Breve guida al grasso viscerale

Cosa si intende per ricomposizione corporea

Esattamente, però, cosa significa ricomposizione corporea? Dietro questo termine apparentemente complesso si nasconde in realtà un concetto piuttosto semplice. Semplificando al massimo, possiamo dire che il corpo umano è fatto di muscoli, grasso, ossa e organi di vario genere. Sono questi quattro elementi a determinare la massa e il peso di ciascuno di noi. Ossa e organi, però, sono variabili che non possono essere controllate, perché la loro quantificazione non dipende da ciò che si mangia o da quanto sport si pratica. Su massa grassa e muscoli (che fanno parte della cosiddetta massa magra), invece, è possibile incidere. Attuare una ricomposizione corporea significa proprio questo: diminuire la massa grassa e aumentare quella magra, in modo che il rapporto tra le due raggiunga un migliore equilibrio (cioè più muscoli e meno grasso).

Che rapporto c’è tra peso e composizione corporea? Un rapporto molto più articolato di quanto si pensi. Prendiamo il caso di due donne che abbiano stessa altezza e stesso peso. In una, però, la massa grassa è al 20%, nell’altra supera il 30%. È evidente, quindi, che la prima è in una forma migliore rispetto alla seconda, perché ha meno grasso addosso.

Leggi di più sul calcolo della composizione corporea

Gli strumenti della ricomposizione corporea femminile: dieta e attività fisica

Secondo gli standard internazionali, in una donna la massa grassa dovrebbe attestarsi tra il 15% e il 25%. Sopra si parla di sovrappeso e poi di obesità, e c’è bisogno di intervenire. Gli strumenti per farlo sono due: dieta e allenamento. In questo, la ricomposizione corporea delle donne non differisce da quella degli uomini. A cambiare, semmai, sono i parametri di riferimento, perché le donne hanno una quota di grasso essenziale per vivere più alta.

Per quanto riguarda l’alimentazione, la dieta chetogenica è un’ottima soluzione per tutte coloro che vogliono modificare la composizione del loro corpo, guadagnando in benessere e salute. Infatti, la chetosi, che è il meccanismo fisiologico su cui si basa l’alimentazione keto, fa si che l’organismo, in mancanza di carboidrati, scelga le riserve di grassi come carburante per produrre l’energia che gli serve. Questo significa che, seguendo la chetogenica, il peso che si va a perdere è prevalentemente a carico della massa grassa. Allo stesso modo, se adeguatamente impostata da un nutrizionista e abbinata a un piano di allenamento calibrato, la dieta chetogenica può consentire la costruzione di nuovi muscoli, quindi l’aumento della massa magra. In questo modo, la ricomposizione corporea procederà ancora più velocemente, con la percentuale magra in netta crescita e quella grassa in altrettanto netto calo.

Breve guida alla dieta low carb


Grasso viscerale, conoscerlo per ridurlo

Il grasso viscerale è un problema estetica ma soprattutto di salute, perché responsabile di danni all’apparato cardiovascolare. Ecco un approfondimento per saperne di più e migliorare la propria salute: cos’è, come si misura e come si riduce.

Molto spesso, ciò che spinge una persona ad iniziare un percorso alimentare per perdere peso è il desiderio di vedersi meglio, di piacersi di più. Motivazione assolutamente valida e condivisibile. Bisogna però sempre ricordarsi che dimagrire in modo equilibrato è prima di tutto il modo migliore per prendersi cura della propria salute. Il grasso viscerale è uno degli argomenti che meglio consente di sottolineare questa affermazione. Questa specifica tipologia di grasso, infatti, è poco visibile all’esterno ma molto pericolosa per il benessere fisico. Conoscere questo nemico silenzioso, che si annida nell’addome, è fondamentale per combatterlo al meglio, fino al punto di eliminarlo (se in eccesso).

Perché non dimagrisci?

Cos'è il Grasso Viscerale e perché è pericoloso

Partiamo dalla definizione. Viene detto grasso viscerale il grasso corporeo che si accumula intorno agli organi interni, come il fegato, i reni e l'intestino. Quindi, questa tipologia di grasso è collocata all'interno della cavità dell’addome. Il grasso viscerale, però, non va confuso con il grasso addominale. Quest’ultimo, infatti, è un tipo di grasso sottocutaneo, cioè posizionato tra le fasce muscolari dell’addome e la pelle; si trova quindi all’esterno della cavità addominale.

Tornando al grasso viscerale, la sua posizione spiega anche la sua pericolosità. Questa massa grassa, infatti, è responsabile della produzione di ormoni che possono influenzare negativamente il metabolismo, aumentare l’insulino-resistenza e danneggiare la salute del sistema cardiovascolare. Ecco perché il grasso viscerale è associato a una serie di patologie croniche, tra cui diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e infiammazioni sistemiche. Inoltre, è in grado di compromettere la qualità della vita in generale.

Come si misura il livello di grasso viscerale

È bene precisare, però, che, come accade spesso, ciò che fa male non è il grasso viscerale in sé ma il suo eccesso. Avere un po’ di grasso intorno agli organi dell’addome, infatti, è assolutamente fisiologico, perché è li che il corpo immagazzina l’energia. Se si supera tale livello naturale, però, iniziano i problemi. Quindi, diventa di fondamentale importanza riuscire a misurare la quantità di grasso viscerale che si ha, per capire se e come ridurlo. Purtroppo, però, proprio perché nascosto all’interno della cavità addominale, questo tipo di grasso non è facilmente identificabile. Di certo non basta pesarsi su una normale bilancia domestica.

Il primo parametro a cui si può far riferimento per misurare il grasso viscerale è la circonferenza della vita, misurata nel punto che si trova a metà tra le ultime costole e le anche. Il campanello di allarme, in questo caso, arriva quando la misura supera i 102 cm per gli uomini e gli 88 cm per le donne. Si tratta, però, solo di un’indicazione approssimativa. Una misurazione più accurata, invece, si ottiene utilizzando una bilancia impedenziometrica. In assoluto, però, la soluzione più precisa e attendibile è rappresentata dagli strumenti di imaging avanzati, come il body scan, che permettono di valutare in modo dettagliato la composizione corporea.

Come si svolge una visita dal nutrizionista

Come ridurre il grasso viscerale

Per combattere il grasso viscerale e migliorare la propria salute, è necessario adottare un approccio ad ampio spettro, che intervengo sull’alimentazione, sull’attività fisica ma anche sullo stile di vita in generale. Ridurre il grasso viscerale significa lavorare essenzialmente su tre fronti: dieta, esercizio fisico e strategie anti-stress.

  1. Alimentazione e idratazione. Gli accumuli di grasso viscerale sono frutto spesso di un mangiare eccessivo e di bassa qualità. In particolare, si rivela molto dannoso il consumo eccessivo di carboidrati e zuccheri, soprattutto se raffinati (insomma, tutti quei cibi che possono dare dipendenza). L’approccio low carb e chetogenica, quindi, è fortemente consigliato a chi vuol eliminare il grasso viscerale in eccesso. Così come può rivelarsi utile la pratica del digiuno intermittente. Allo stesso modo dell’alimentazione, bisogna anche curare l’idratazione, consumando un quantitativo giornaliero di acqua sufficiente. Gli alcolici, invece, andrebbero evitati.
  2. Esercizio fisico. Contro il grasso viscerale sono degli ottimi alleati sia gli allenamenti aerobici (dalla camminata veloce alla corsa) che quelli anaerobici (come il sollevamento pesi). L’importante è essere costanti.
  3. Strategie antistress. Vivere la propria quotidianità in condizioni di stress aumenta la produzione di cortisolo, uno degli ormoni responsabili dell’accumula di grasso viscerale. Quindi, avere uno stile di vita più equilibrato e dedicare le giuste ore al riposo notturno di qualità sono strategie fondamentali per migliorare il proprio corpo e la propria salute.

Sconfiggere l’obesità con la dieta chetogenica


junk food

Breve guida ai cibi che fanno venire fame (invece che saziare)

Ci sono alimenti che tolgono la fame e altri che invece stimolano l’appetito. Questi ultimi sono un problema, soprattutto per chi segue una dieta, perché spingono a mangiare più del dovuto (e anche peggio). Ma quali sono questi cibi che fanno venire fame? E soprattutto: perché hanno questo effetto deleterio? Vediamolo insieme.

Mangia quando hai fame, bevi quando hai sete. Questa è una delle massime fondamentali della dieta chetogenica. Infatti, tra gli effetti positivi di un regime alimentare keto o comunque low carb, superata la fase di adattamento, c’è proprio una migliore capacità di controllo della fame. Chi nella vita ha provato tante diete per perdere peso lo sa bene: il nemico principale di ogni sforzo è proprio l’appetito, il desiderio del cibo. Anche perché spesso si tratta di una voglia che si concentra proprio su cibi che sono più dannosi per la salute, come i dolci. Quindi, combattere la fame è un obiettivo primario perché la dieta abbia successo. E uno dei modi per sconfiggere il senso di fame è mangiare i cibi giusti, Sì, perché alcuni alimenti danno sazietà, altri invece portano ad abbuffarsi. Quando si dice che “l’appetito vien mangiando” ci si riferisci proprio a questo, ad una fame che viene costantemente stimolata propria dal cibo. Ma quali sono i cibi che provocano questo effetto destabilizzante? Conoscerli è importante per evitarli.

Alimenti consentiti e alimenti vietati in chetogenica

Alimenti che stimolano l’appetito invece che placare la fame

In linea generale, è possibile tracciare il profilo di 5 categorie di cibi (e bevande) che fanno venire fame.

  1. Alimenti ad alto contenuto di zuccheri semplici: dolci di vario tipo, snack zuccherati, bibite dolci (gassate e non), frutta.
  2. Carboidrati raffinati: pane bianco, pasta tradizionale, riso, pizza, prodotti da forno ottenuti con farina bianca (come pizza, grissini, cracker, eccetera).
  3. Snack salati: patatine, salatini.
  4. Junk Food: panini con hamburger, cheeseburger e simili, patatine e fritti di vario genere.
  5. Alcolici: come vino, birra e cocktail.

Fame e dipendenza dagli zuccheri

Scorrendo l’elenco dei cibi che fanno venire fame e stimolano l’appetito, è possibile riscontrare degli elementi ricorrenti, che permettono di fare una riflessione ulteriore. È evidente, infatti, la connessione di molti di questi alimenti con lo zucchero, inteso non solo come sostanza dolcificante ma come elemento presente in abbondanza (ma spesso poco visibile) nell’alimentazione della maggior parte delle persone. Secondo studi scientifici sempre più numerosi e approfonditi, gli zuccheri sono responsabili di un vero e proprio processo di dipendenza, a carico di chi li consuma. Più ne mangio, più ne voglio. Un processo fisiologico, che chiama in causa il glucosio presente nel sangue e il ruolo dell’insulina (per saperne di più, leggi questo approfondimento dedicato alla dipendenza da zuccheri). Il problema è che gli zuccheri sono in molti alimenti considerati sani e pietre miliari della decantata dieta mediterranea, come pane, pasta e frutta. Inoltre, zuccheri in grande quantità sono presenti anche in tutti gli alimenti frutto dell’industrializzazione, dai biscotti alle merendine. Liberarsene, quindi, non è facile. Però è necessario. Ed è il cuore della dieta chetogenica.

Leggi di più sulla keto diet